1. Concetto di abuso edilizio, sanzioni e prescrizione

L’abuso edilizio costituisce un reato che, ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), si configura allorquando vengano eseguiti interventi in assenza del permesso di costruire ovvero  in totale difformità dal permesso stesso in quanto comportanti “la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso” ovvero ancora “l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto”. La commissione di tale reato comporta:

– dal punto di vista amministrativo:

  • l’ordine di rimozione o di demolizione
  • l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro

– dal punto di vista penale, ex art. 44 Testo Unico edilizia

  • l’ammenda fino a 10329 euro per l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
  • l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5164 a 51645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione;
  • l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 15493 a 51645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso”;
  • la confisca delle opere abusivamente costruite.

Mentre la sanzione amministrativa è imprescrittibile, il reato, punito con arresto o ammenda, si prescrive:

– in 4 anni dal compimento dell’illecito se, da tale momento, non sono intervenuti atti interruttivi della prescrizione (c.d. prescrizione breve);

– in 5 anni dal compimento dell’illecito qualora vi sia stato un atto interruttivo, quale, ad es., il decreto di citazione a giudizio (c.d. prescrizione ordinaria).

Orbene, ciò posto, cosa succede nel caso in cui si acquisti un immobile, per poi successivamente scoprire che lo stesso è affetto da irregolarità per abuso edilizio commesso dal precedente proprietario? Su chi ricade la responsabilità dell’abuso e come può tutelarsi l’acquirente che ne era ignaro? Quali conseguenze per il contratto di compravendita?

2. Principi giurisprudenziali

La risposta a tali interrogativi ci viene offerta dalla Suprema Corte di Cassazione che, in diverse pronunce recentemente emesse, ha cristallizzato taluni fondamentali principi in materia.

La sorte del contratto di compravendita: distinzione tra preliminare e definitivo

Quanto al contratto di compravendita, occorre distinguere tra preliminare e definitivo. Il preliminare rimane valido anche allorquando il promissario acquirente non sia stato informato dell’irregolarità dell’immobile. Invero,  secondo il ragionamento della Suprema Corte,  è presumibile che, in tale circostanza,  le parti, prima della stipula del definitivo, concordino un termine entro il quale il promittente venditore dovrà provvedere a sue spese alla sanatoria dell’abuso. Resta in ogni caso salva la possibilità per il promissario acquirente di agire in giudizio onde ottenere:

– la risoluzione del contratto per inadempimento per aver il promittente venditore  tenuto nascosto l’abuso edilizio ovvero per non averlo sanato nei termini concordati;

– la restituzione del doppio della caparra eventualmente versata ed – il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi a causa dell’inadempimento stesso

(Cfr., in merito, Cass. civ. nr. 6695/2019, nonché Cass. civ. nr. 27129/2006, laddove si è, per l’appunto, ritenuto inadempimento di non scarsa importanza – tale da giustificare il recesso dal contratto del promittente acquirente e la restituzione del doppio della caparra versata – il comportamento del promittente alienante che prometta in vendita un immobile costruito in violazione di un vincolo di inedificabilità assoluta e al di fuori di ogni possibilità di regolarizzazione).

Con riguardo invece al definitivo, l’art. 46, primo comma, Testo Unico Edilizia, impone, a pena di nullità, che lo stesso menzioni espressamente gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria ovvero gli estremi della segnalazione certificata di inizio attività, con la precisazione che tali elementi devono risultare per dichiarazione dell’alienante.  Ne deriva che, laddove il titolo urbanistico venga regolarmente  indicato dal venditore, il contratto è da ritenersi  valido a prescindere dal ricorrere o meno di un abuso edilizio. Deve trattarsi, tuttavia, di un titolo che esiste realmente. Pertanto,  l’informazione che lo riguarda, oggetto della dichiarazione, non deve essere mendace, bensì veritiera, reale e riferibile all’immobile in questione.

Di talché, integrate tali condizioni, a fronte di un contratto  valido, all’acquirente ignaro dell’abuso rimarrà  quale  rimedio a propria tutela, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento consistente per l’appunto nella mancata comunicazione preventiva dell’abuso unitamente al risarcimento dei danni (Cfr., sul punto, Cass. civ., sez. unite, 22/03/2019, nr. 8230, laddove si afferma: “la nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell’ambito dell’art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile. In presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”).

Responsabilità penale del solo precedente proprietario

Passando poi al piano penale, l’abuso edilizio, costituendo un reato, comporta l’esclusiva responsabilità penale dell’autore materiale dello stesso. Il che, nel caso di compravendita di immobile affetto da irregolarità commesse dall’alienante,  significa esclusiva responsabilità penale di quest’ultimo e non anche dell’acquirente successivamente subentrato nella proprietà, indipendentemente dal fatto che l’acquirente abbia o meno avuto contezza della sussistenza di un abuso.

ECCEZIONI

Uniche eccezioni a tale conclusione sono rappresentate:

1) dal caso in cui sia stato l’acquirente stesso a commissionare l’opera abusiva (ad esempio subordinando la conclusione del contratto alla realizzazione, a spese dell’alienante, di opere prive dei necessari permessi urbanistici);

2) dal caso in cui l’acquirente effettui interventi sull’opera ab origine abusiva. In tale ipotesi, difatti, sull’acquirente si rifletterà il reato di abuso edilizio commesso dal venditore, sicché lo stesso ne risponderà penalmente al pari di quest’ultimo (Cfr. Cass. pen. nr. 12718/2019, laddove si legge: “qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell’attività criminosa originaria, integrante un nuovo reato edilizio; ne consegue che, allorché l’opera abusiva perisca in tutto o in parte, o necessiti di attività manutentive, o, come nel caso in esame, di completamento o trasformazione, il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla, completarla, trasformarla, ristrutturarla, mantenerla, senza titolo abilitativo, giacché anche gli interventi di trasformazione o manutenzione ordinaria presuppongono che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente, in quanti gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall’opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente”).

Responsabilità amministrativa dell’acquirente

L’eccezione appena descritta trova la propria giustificazione nel fatto che la negazione di sue responsabilità penali non esonera l’acquirente dall’obbligo di ripristinare lo status quo ante, procedendo alla demolizione dell’opera abusiva ovvero alla relativa sanatoria.

Invero, come precisato dal Consiglio di Stato in più di un pronunciamento, l’ordine di demolizione e/o ripristino ha natura autonoma ed indipendente da qualsivoglia valutazione relativa ai requisiti soggettivi dell’autore materiale del reato di abuso, sicché l’acquirente non può sottrarvisi, fatta salva in ogni caso la facoltà di rivalersi in regresso nelle sedi competenti contro il precedente proprietario, laddove ne venga accertata la responsabilità (Cfr., in merito, ex multibus, Consiglio di Stato nr. 4251/2019 e nr. 6285/2018).

Avv. Federica Maccioni